IL TRIBUNALE DI ROMA Prima Sezione Lavoro In persona del giudice, dott. Antonio Maria Luna all'udienza del 17 maggio 2022, all'esito della Camera di consiglio (ore 19,45) assenti i procuratori delle parti, ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al n. 32488 del Ruolo generale affari contenziosi dell'anno 2021, vertente tra: 1) Albertoni Cristiana, 2) Bucchi Alessia, 3) Burchiellaro Susanna, 4) Cecchi Pietro, 5) Cignoni Stefano, 6) Coluccia Giuseppe, 7) Cipriani Claudio, 8) Carnevaletti Marco, 9) Cravagna Walter, 10) Cusimano Pietro Maria, 11) Delferriere Philippe, 12) Falcetti Federico, 13) Fontana Marcellina, 14) Geri Giuliano, 15) Gatti Massimiliano, 16) Luconi Enrico, 17) Landi Dario, 18) Miccio Cordiale, 19) Masiello Giovanni, 20) Piro Alfonso, 21) Rampin Maurilio, 22) Scagliotti Orlandini Marzio, 23) Usai Riccardo, 24) Van Remoortel Philip, 25) Zanolli Stefano, 26) Zoppi Paolo, elettivamente domiciliati in Roma, al Viale G. Mazzini, n. 25, presso lo studio dell'avv. Barbara Starna che li rappresenta e difende, unitamente all'avv. Sabina Di Giacomo, giusta procure in calce al ricorso introduttivo, ricorrenti e: Compagnia Aerea Italiana S.p.a., in persona dell'amministratore delegato, dott. Francesco Di Giovanni, elettivamente domiciliata in Roma, alla via della Conciliazione, n. 10, presso lo studio Toffoletto De Luca Tamajo, rappresentata e difesa dagli avvocati Raffaele De Luca Tamajo, Federica Paterno', Francesco Bartolotta e Maria Carmela Lampariello, giusta procura in calce alla memoria di costituzione, convenuta. Oggetto: retribuzione per i periodi di ferie. Esposizione dei fatti Con ricorso depositato il 1° dicembre 2021, Cristiana Albertoni e gli altri litisconsorti indicati in epigrafe - premesso di aver lavorato alle dipendenze della soc. Compagnia Aerea Italiana S.p.a. dal 13 gennaio 2009 al 31 dicembre 2014, allorquando il loro rapporto di lavoro e' proseguito ex art. 2112 codice civile alle dipendenze della soc. Alitalia SAI S.p.a., della quale tuttora sono dipendenti, e di aver svolto mansioni a bordo dei velivoli - hanno esposto che, in virtu' delle clausole dei contratti collettivi ed aziendali applicati ai rapporti di lavoro, la retribuzione dovuta per ogni giorno di ferie viene determinata prendendo in considerazione, oltre allo stipendio base, la sola indennita' di volo minima garantita (IVMG), laddove e' dovuta anche una indennita' di volo oraria (IVO), commisurata appunto a ciascuna ora di effettivo servizio a bordo di aeromobili; che l'indennita' di volo oraria costituisce una quota rilevante della complessiva remunerazione; e che, pertanto, la retribuzione per i giorni di ferie contrattualmente riconosciuta e' molto inferiore a quella media complessiva del personale navigante e comunque inferiore rispetto al parametro di proporzionalita' e sufficienza sancito dall'art. 36 Cost. Tanto premesso e richiamate le disposizioni di legge ed europee in materia di diritto alle ferie retribuite, come interpretate dalla Corte di Giustizia (in particolare dalla sentenza 15.9.2011 Williams e altri contro British Airways - causa C-155/2010), i ricorrenti hanno sostenuto di aver diritto alla inclusione, nella base di calcolo della retribuzione per i giorni di ferie, anche della indennita' di volo oraria, e di essere rimasti creditori di differenze retributive da quantificare, in via principale, in base al numero medio di ore di volo giornaliere del personale navigante, cioe' all'incirca 2,5, moltiplicando tale numero per i giorni di ferie ed indi per l'indennita' di volo oraria cosi' da ottenere la quota di retribuzione per i giorni di ferie riferibile alla indennita' di volo oraria, o, in via subordinata, facendo riferimento al valore medio per ogni singolo lavoratore e per ogni anno. Hanno pertanto chiesto: in via principale: a) accertare la nullita' e comunque l'illegittimita' e contrarieta' all'art. 141, comma 2, CE, alle direttive comunitarie 2000/79/CE e 2003/88/CE, ed alle norme italiane di settore, delle disposizione dei contratti collettivi relativi alla retribuzione dei periodi feriali; b) per l'effetto, disapplicare tali norme contrattuali e/o interpretarle in senso conforme alla normativa comunitaria, ovvero sostituirle di diritto con le norme imperative violate; c) accertare il diritto di percepire, durante il periodo di ferie, una retribuzione calcolata sullo stipendio base, sull'indennita' di volo minima garantita e sull'indennita' di volo oraria nella misura forfettaria, equivalente, di 2,5 ore di volo per ogni giorno di ferie; d) per l'effetto, condannare la societa' convenuta a corrispondere a ciascun ricorrente le somme indicate in analitici conteggi; e) in via subordinata, condannare la societa' a corrispondere le minori somme pure indicate nel ricorso medesimo. Con memoria difensiva depositata il 27 gennaio 2022, la Compagnia Aerea Italiana S.p.a. - premesso che la condotta dei ricorrenti si inserisce in un contesto di richieste seriali sollevate da dipendenti della stessa, idonee a scompaginare i conti della azienda sino a portarla sul baratro del dissesto, e che essa si e' sempre attenuta in buona fede agli orientamenti giurisprudenziali ed alle indicazioni dei contratti collettivi del tutto uniformi sul tema della non onnicomprensivita' della retribuzione - ha esposto, in estrema sintesi, le seguenti argomentazioni: a - i diritti vantati dai ricorrenti sono prescritti ai sensi dell'art. 937 cod. nav., in virtu' del decorso del termine biennale, in quanto i rapporti di lavoro intercorsi tra le parti si sono conclusi in data 31 dicembre 2014 mentre la notificazione del ricorso ha avuto luogo il 16 dicembre 2021; e' ingiustificato e contrario all'art. 3 Cost. il differente trattamento, in termini di prescrizione, riservato ai lavoratori del settore aereo rispetto ai dipendenti di imprese medio-grandi di altri settori, ragion per cui deve essere rimessa al Giudice delle leggi la questione della legittimita' costituzionale dell'art. 937 cod. nav., nella parte in cui fa decorrere la prescrizione dei diritti del personale navigante dallo sbarco successivo alla cessazione o risoluzione del contratto; i diritti vantati dai ricorrenti risultano altresi' estinti ai sensi dell'art. 2948, n. 4, del codice civile, per il decorso del termine di prescrizione quinquennale; b - dal 1° gennaio 2015 sono stati revocati alla societa' convenuta il certificato di operatore aereonautico e la licenza di volo, e tutto il personale ha visto cessare la validita' delle certificazioni e delle specializzazioni necessarie per l'espletamento delle prestazioni lavorative; la convenuta e' del tutto estranea alle vicende riguardanti i rapporti di lavoro intercorsi tra i ricorrenti ed altre compagnie aeree, ragion per cui la stessa e' priva di legittimazione passiva; c - alcuni ricorrenti, quali A. Bucchi, G. Coluccia, M. Carnevaletti. P. Cecchi, W. Cravagna, P.M. Cusimano, F. Falcetti, M. Fontana, M. Gatti, G. Geri, E. Luconi, G. Masiello, C. Miccio, M. Scagliotti Orlandini, R. Usai, P. Wan Remootel e P. Zoppi, hanno gia' adito l'autorita' giudiziaria, cioe' il Tribunale di Civitavecchia, per chiedere l'accertamento delle spettanze retributive maturate a titolo di ferie per i medesimi titoli e per il medesimo oggetto di causa, con particolare riferimento all'anno 2010; in ragione di cio', e' inammissibile la proposizione dell'odierno ricorso per violazione del principio del ne bis in idem; d - in base alla normativa dettata dall'art. 7 Convenzione O.I.L., dall'art. 3 della direttiva 2000/79/CE, dall'art. 7 della direttiva 2003/88/CE, dall'art. 4 decreto legislativo n. 185/2005 e dall'art. 10 decreto legislativo n. 66/2003, per la determinazione della retribuzione delle ferie occorre far riferimento alla disciplina contrattuale ed alla espressa volonta' delle parti; l'indennita' di volo oraria/giornaliera non concorre alla determinazione degli istituti retributivi riflessi e differiti; e - il personale di volo ha ricevuto, per la retribuzione feriale, oltre alla paga base, un'ulteriore indennita' (la IVMG); nel nostro ordinamento non sussiste un principio di onnicomprensivita' della retribuzione operante con riferimento alla retribuzione feriale; l'autonomia negoziale delle parti sociali puo' decidere legittimamente di non includere l'IVO come elemento di calcolo della retribuzione feriale; nella contrattazione collettiva di CAI, l'IVO e' limitata alle sole giornate in cui vi sia stata l'effettiva presenza del lavoratore nel luogo di lavoro; le previsioni contrattuali che comprendono l'IVMG e non l'IVO nel computo della retribuzione feriale sono satisfattive del requisito di proporzionalita' e sufficienza di cui all'art. 36 Cost.; f - dalla lettura della sentenza della CGUE del 15 settembre 2011, in causa C-155/10, emerge chiaramente il principio secondo cui nella retribuzione feriale debbano computarsi tutti gli elementi connessi all'effettivo espletamento delle mansioni svolte; tale principio e' soddisfatto mediante l'inserimento dell'indennita' di volo standardizzata nel conto della retribuzione feriale, come avviene per i dipendenti CAI; g - gli articoli 10 del decreto legislativo n. 66/2003 e 4 del decreto legislativo n. 185/2005, attuativi rispettivamente delle direttive 2003/88/CE e 2000/79/CE, ove interpretati nel senso che l'IVO debba essere inclusa nel computo della retribuzione feriale, si pongono in contrasto con gli artt. 3, 36, 39 e 41 Cost., in quanto lesivi dell'autonomia negoziale delle parti sociali e della certezza del diritto; e' altresi' costituzionalmente illegittimo l'art. 2 della legge 2 agosto 2008, n. 130, che ordina l'esecuzione del TFUE, nella parte in cui impone l'applicazione delle direttive 2000/79/CE e 2003/88/CE cosi' come interpretate dalla CGUE nella causa C-155/10; in ragione di tutto cio', la societa' convenuta ha chiesto rimettere alla Corte costituzionale la questione di legittimita' costituzionale degli articoli 10 del decreto legislativo n. 66 del 2003 e 4 del decreto legislativo n. 185 del 2005, attuativi rispettivamente della direttiva 2003/88/CE e della direttiva 2000/79/CE, ove interpretati nel senso che essi impongano di includere l'indennita' di volo oraria nel computo della retribuzione delle ferie annuali, nonche' dell'art. 2 della legge 2 agosto 2008, n. 130; in subordine, ha proposto di sollevare questione pregiudiziale di interpretazione dinanzi alla CGUE dell'art. 7 della direttiva 2003/88/CE e dell'art. 4 della direttiva 2000/79/CE chiedendo, con riferimento alla normativa nazionale, «se tali disposizioni ostino ad una disciplina nazionale che consente all'autonomia contrattuale collettiva di prevedere per i lavoratori il pagamento di indennita' aggiuntive legate al concreto svolgimento di una determinata mansione, escludendole al contempo dalla retribuzione ordinaria e, di conseguenza, non computandole nella retribuzione dei giorni di ferie annuali»; h - la modalita' di calcolo adoperata dai ricorrenti e' erronea, giacche' essa utilizza come parametro non il numero di ore di volo effettivamente svolte dal singolo lavoratore, bensi' le ore astrattamente volabili, calcolate in misura pari a 2,5 per ogni giorno di ferie, parametro applicato indistintamente a tutti i lavoratori. 1. - I ricorrenti hanno in primo luogo affermato di aver lavorato alle dipendenze della soc. Compagnia Aerea Italiana S.p.a. dal 13 gennaio 2009 al 31 dicembre 2014, data in cui i loro rapporti di lavoro sono proseguiti, ai sensi dell'art. 2112 codice civile e senza soluzione di continuita', alle dipendenze della soc. Alitalia SAI S.p.a.; hanno altresi' affermato che sono tutti, alla data del ricorso, ancora dipendenti dell'impresa cessionaria. La convenuta ha affermato di aver cessato la propria attivita' di vettore aereo dal 1° gennaio 2015, ma non ha contestato il fatto che i ricorrenti abbiano continuato a rendere le loro mansioni alle dipendenze di impresa cessionaria. Essa, infatti, ha soltanto rilevato in proposito che «la circostanza secondo la quale i ricorrenti sarebbero poi successivamente transitati in Alitalia SAI in AS, Societa' terza rispetto alla scrivente e neppure convenuta in giudizio, non impedisce di certo l'avvenuto decorso del termine prescrizionale nel caso di specie». Deve percio' reputarsi circostanza pacifica che vi sia stata cessione di azienda tra la societa' ora convenuta e la soc. Alitalia SAI. Cio' vuol dire che i medesimi rapporti di lavoro iniziati alle dipendenze della Compagnia Aerea Italiana sono proseguiti anche dopo il 31 dicembre 2014 e, almeno alla data di deposito del ricorso introduttivo del presente giudizio, non erano ancora cessati. La formulazione letterale dell'art. 2112, 1° comma, codice civile («In caso di trasferimento d'azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano») non sembra dare adito a dubbi circa la prosecuzione del medesimo rapporto, senza alcuna cesura. Del resto, la cessione di azienda, comportando, di regola, il subentro dell'acquirente nei contratti stipulati per l'esercizio dell'impresa (art. 2558 c.c.), implica che si realizzino, uno actu, un insieme di cessioni di contratto disciplinate in forma speciale rispetto a quella tipica regolata dagli articoli 1406 e segg. c.c. La cessione di contratto e' appunto il negozio attraverso cui si realizza il subingresso di un terzo nella intera posizione negoziale di una delle parti del contratto. Non puo' quindi affermarsi, come sostenuto dalla convenuta, che l'espressione contenuta nell'art. 2112 codice civile sia una mera illusione semantica laddove il legislatore avrebbe solo inteso garantire ai lavoratori ceduti il passaggio senza soluzione di continuita', mentre in realta' si porrebbe in essere un nuovo rapporto di lavoro alle dipendenze di un nuovo datore di lavoro. La conseguenza di cio' e' che i rapporti di lavoro dei ricorrenti sono rimasti i medesimi anche dopo la cessione di azienda e che ad oggi deve affermarsi che gli stessi non sono mai cessati. Pertanto, non potrebbe accogliersi l'eccezione di prescrizione ex art. 937, 1° comma, cod. nav. secondo cui «I diritti derivanti dal contratto di lavoro del personale di volo si prescrivono col decorso di due anni dal giorno dello sbarco nel luogo di assunzione, successivamente alla cessazione o alla risoluzione del contratto». Se, per quanto sopra, non e' possibile accogliere la detta eccezione, deve esaminarsi l'eccezione, formulata in subordine, di prescrizione quinquennale ex art. 2948, n. 4, codice civile la quale condurrebbe al rigetto delle domande poiche', essendo pacifico che i lavoratori hanno goduto di regime di stabilita' reale (la convenuta ha fatto riferimento alle proprie notorie dimensioni occupazionali nel periodo di vigenza dei rapporti di lavoro senza che i ricorrenti abbiano obbiettato alcunche'), la prescrizione sarebbe decorsa anche durante i rapporti di lavoro (tra il credito di piu' recente formazione, cioe' quello relativo alle prestazioni rese a dicembre 2014, e la proposizione del presente giudizio e' trascorso piu' di un quinquennio). Devesi pero' escludere che - come affermato dalla convenuta - la disposizione dell'art. 2948 codice civile possa aver avuto effetto abrogativo dell'art. 937 cod. nav. sia perche', contrariamente a quanto si legge nella memoria di costituzione, il codice civile e' stato emanato prima di quello della navigazione (rispettivamente, regio decreto 16 marzo 1942, n. 262, e regio decreto 30 marzo 1942, n. 327) e comunque entrambi i testi sono entrati in vigore il medesimo giorno, cioe' il 21 aprile 1942, sia perche' le disposizioni del codice della navigazione hanno carattere speciale e quindi prevalgono su quelle generali del codice civile. Invero, l'art. 1 del Codice della navigazione, rubricato «Fonti del diritto della navigazione», recita: «In materia di navigazione, marittima, interna ed aerea, si applicano il presente codice, le leggi, i regolamenti, le norme corporative e gli usi ad essa relativi. Ove manchino disposizioni del diritto della navigazione e non ve ne siano di applicabili per analogia, si applica il diritto civile». La Corte di cassazione, infatti, ha avuto modo di affermare che «in tema di rapporto di lavoro nautico» «le norme del codice civile possono trovare applicazione, secondo il disposto dell'art. 1 cod. nav., solo quando il diritto della navigazione (che costituisce una legislazione speciale con proprie regole ispirate anche ad interessi pubblici) non contenga apposite disposizioni ne' altre applicabili per analogia» (Cass. civ. sez. lav., 23/04/1991, n. 4386). Chiarito, dunque, che nel caso in esame non potrebbe farsi applicazione della disposizione generale del codice civile, stante la presenza della speciale e prevalente disposizione del citato art. 937 cod. nav., occorre verificare se l'eccezione di illegittimita' costituzionale di tale disposizione sollevata dalla convenuta sia rilevante e non manifestamente infondata. 2. - Circa la prima condizione, appare difficile dubitarne data la necessaria strumentalita' della norma dell'art. 937 cod. nav. per la definizione della presente controversia, la quale non puo' essere risolta senza verificare la preliminare fondatezza dell'eccezione di prescrizione tempestivamente sollevata. La condizione di rilevanza sussiste, quindi, in quanto il giudizio non puo' essere definito senza applicare la norma oggetto del dubbio di costituzionalita'. In particolare, la norma in questione deve trovare applicazione poiche' i diritti vantati dagli attori traggono fonte in rapporti di lavoro nautico e, ove la disposizione fosse riconosciuta incostituzionale, dovrebbe invece applicarsi la disposizione generale del codice civile con parificazione, a tali effetti, del personale di volo alla generalita' degli altri lavoratori, ivi compresi i dipendenti della medesima azienda ma non impiegati a bordo degli aeromobili. 3. - Quanto al profilo relativo alla non manifesta infondatezza, la convenuta, pur rammentando la sentenza della Corte costituzionale del 7 novembre 2006, n. 354, che ha dichiarato non fondate le questioni sollevate in relazione all'art. 937 cod. nav., sostiene che, in ragione della molteplicita' degli strumenti informatici e dei sistemi postali messi a disposizione (ben diversi da quelli dell'anno 1942, anno di emanazione del codice della navigazione), i lavoratori addetti alla navigazione aerea non hanno gravi difficolta', durante lo svolgimento del rapporto e della prestazione lavorativa, a far conoscere alla azienda (ed a far valere) le proprie pretese. Pertanto, non sussisterebbe ragione di un trattamento diverso, in punto di prescrizione, rispetto agli altri lavoratori dipendenti da imprese medio-grandi che garantiscono la stabilita' del posto di lavoro. La norma sarebbe percio' affetta da vizio di irragionevolezza coperto dal principio di eguaglianza formale di cui all'art. 3 Cost. Si osserva che la Corte costituzionale, nel 2006, e' stata chiamata a giudicare, tra l'altro, sulla legittimita' dell'art. 937 cod. nav. dubitandosi della sua ragionevolezza sotto due profili. In primo luogo, il giudice rimettente aveva rilevato che, essendo stata estesa la tutela della c.d. stabilita' reale al settore nautico ed aeronautico per effetto delle sentenze della Corte costituzionale n. 96 del 1987 e n. 41 del 1991, le differenze tra i detti tipi di rapporto e la generalita' degli altri assistiti dallo stesso regime di stabilita' sotto tale profilo erano venute meno, per cui la disciplina in tema di prescrizione del codice della navigazione appariva irragionevole: poiche' non vi era alcun «metus» di licenziamento per il personale di volo (e navigante), la disposizione che escludeva il decorso della prescrizione in costanza di rapporto, avrebbe comportato una ingiustificata disparita' di trattamento rispetto a quanto disposto nel codice civile in tema di lavoro comune. In secondo luogo, il giudice rimettente aveva sottolineato che la realta' delle imprese di navigazione aerea, caratterizzata dalla crescente brevita' dei voli e dal frequente ritorno del lavoratore nello scalo di arruolamento, era tale da escludere ogni ragionevole giustificazione della norma impugnata. La Corte costituzionale ha respinto la questione sotto entrambi i profili. Quanto al primo, ha contestato la fondatezza della interpretazione delle norme censurate negando che il regime speciale della prescrizione avesse la sua ratio nel metus di licenziamento da parte del lavoratore e rilevando che all'epoca di entrata in vigore dei codici civile e della navigazione, tutti i lavoratori non godevano del regime di stabilita', per cui, «se il legislatore si fosse preoccupato di offrire attraverso la decorrenza della prescrizione una tutela al lavoratore rispetto al metus di licenziamento, avrebbe dettato una disciplina comune a tutti i rapporti, ivi compreso il lavoro di diritto comune. Il fatto che la non decorrenza della prescrizione operasse solo per i rapporti disciplinati dal codice della navigazione costituisce prova dell'irrilevanza del metus come causa di giustificazione della specificita' della disciplina del lavoro nautico e aeronautico». Inoltre, ha osservato la Corte, posto che la sospensione della decorrenza della prescrizione opera sia nel caso di contratto a tempo indeterminato che di contratto a tempo determinato, nel quale «il timore del licenziamento ha uno spazio notevolmente ridotto», allora deve escludersi che la ragione della norma possa consistere nella tutela del lavoratore rispetto al timore di un licenziamento. Si legge, quindi, nella citata sentenza n. 354/2006: «la ratio delle norme censurate affonda le sue radici in alcune caratteristiche tipiche del contratto di arruolamento e del contratto con il personale di volo, le cui persistenti peculiarita' rispetto al lavoro ordinario sono connesse sia al momento genetico del rapporto di lavoro e sia alle particolari modalita' di erogazione della prestazione lavorativa. Pur nell'ottica di un tendenziale avvicinamento delle discipline, tali specificita' del lavoro nautico ed aeronautico sono state piu' volte ribadite da questa Corte (cfr. sentenze n. 98 del 1973, n. 63 del 1987 e n. 80 del 1994). Tra gli aspetti peculiari del lavoro nautico ed aeronautico si inquadra anche la durata biennale del termine di prescrizione, ispirata alla maggiore esigenza di certezza di rapporti nell'ambito del diritto della navigazione. Inoltre, a differenza di quanto avviene per i rapporti di lavoro comune, dove il regime di decorrenza del termine prescrizionale riguarda solo i diritti retributivi periodici (cfr. sentenze numeri 115 del 1975 e 40 e 41 del 1979), nel caso del lavoro nautico ed aeronautico esso concerne tutti i diritti scaturenti dal rapporto di lavoro. Se il fondamento razionale delle disposizioni censurate deve, dunque, necessariamente essere ricercato all'interno del sistema del codice della navigazione, esso puo' essere rinvenuto solo nel fatto che le prestazioni lavorative del personale di bordo o di volo sono destinate ad espletarsi in luoghi diversi da quello di assunzione e di residenza del dipendente. Con la disposizione sulla decorrenza della prescrizione, il legislatore del 1942 ha inteso dare rilievo ad una situazione o di vera e propria impossibilita' (per i rapporti a viaggio) o di particolare difficolta' (nel rapporto a piu' viaggi, in quello a tempo determinato e in quelli a tempo indeterminato) di esercizio del diritto, connesse alla fisica lontananza dal foro competente, in cio' non discostandosi dalla regola generale dell'art. 2935 codice civile». In tal modo la Corte ha confutato anche il rilievo circa la diversa realta' del lavoro aeronautico, caratterizzato da brevi voli e dal frequente ritorno del lavoratore nello scalo di arruolamento, affermando che vi sarebbe pur sempre una particolare difficolta' di esercizio del diritto, tale quindi da giustificare la non decorrenza della prescrizione in costanza di rapporto. Tuttavia, se, certo, da un lato, individuata chiaramente la ratio della speciale disciplina della prescrizione nel rapporto di lavoro del personale di bordo non gia' nel metus di licenziamento, bensi' nella detta impossibilita' o quanto meno particolare difficolta' di esercizio del diritto, non potrebbe ravvisarsi contrasto con il principio di uguaglianza avendo riguardo ai lavoratori che beneficiano della c.d. tutela reale, dall'altro non appaiono manifestatamente infondati dubbi di costituzionalita' considerando la speciale disciplina sull'orario di lavoro di cui, per esigenze di sicurezza dei voli, beneficiano i lavoratori che prestano servizio a bordo degli aeromobili. Il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 185, recante Attuazione della direttiva 2000/79/CE relativa all'Accordo europeo sull'organizzazione dell'orario di lavoro del personale di volo dell'aviazione civile, stabilisce, all'art. 5, comma 1, che «Fermo restando quanto disposto all'art. 4 in materia di ferie, al personale di volo dell'aviazione civile vengono assegnati giorni liberi da ogni tipo di servizio e di riserva, comunicati preventivamente dal datore di lavoro, nella misura di almeno sette giorni locali per ciascun mese di calendario e comunque di almeno novantasei giorni locali per ciascun anno di calendario, che possono comprendere eventuali periodi di riposo prescritti dalla legislazione vigente». Invece, la generalita' dei lavoratori ha diritto ai riposi settimanali nella misura appunto di almeno 24 ore consecutive ogni sette giorni (art. 9 decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66). Dunque, un qualunque lavoratore fruisce, oltre le ferie, di complessivi cinquantadue giorni di riposo settimanale annui, invece, colui che appartiene alla categoria del personale di volo fruisce di almeno ulteriori quarantaquattro giorni annui di riposo. Tale differente disciplina, manifestamente giustificata, come detto, dalle esigenze di garantire la sicurezza dei voli affinche' i lavoratori possano e debbano - in maniera indisponibile - pienamente recuperare le energie spese nello svolgimento di mansioni particolarmente stressanti, fa si' che la seria difficolta' che in passato un lavoratore aveva di curare, nel tempo libero dal lavoro, oltre alle ordinarie esigenze familiari e personali, anche i propri interessi, attualmente appare non potersi ravvisare e cio', sia permesso sottolineare, su un piano giuridico di doverosita', prima ancora che empirico di possibilita'. Il personale di volo, in sostanza, grazie alla disciplina «privilegiata» dei riposi, e' posto, quanto alle possibilita' di curare le proprie esigenze extralavorative, sullo stesso piano della generalita' degli altri lavoratori. Pertanto, quello che la Corte costituzionale ha definito «il fondamento razionale» di questa norma, cioe' «la fisica lontananza dal foro competente», almeno nella sua generalita' ed assolutezza, non appare piu' sussistente, dovendosi di contro dare atto della piena possibilita' legale di esercizio del diritto, ai sensi dell'art. 2935 codice civile. A fronte, quindi, di una situazione di parita', sotto tale profilo, sembra non piu' giustificabile l'esistenza perdurante della disciplina speciale della prescrizione giacche', a parita' sostanziale di tempo libero dagli impegni lavorativi, il personale di volo fruisce della possibilita' di far valere i propri diritti oltre che durante l'attivita' lavorativa (come testimoniato dalla presente controversia proposta da lavoratori tutti in attivita' di servizio), non essendovi a cio' alcun ostacolo di diritto, anche per almeno due anni dopo che il rapporto di lavoro e' cessato, laddove gli altri lavoratori, ove non facciano valere i loro diritti nel corso del rapporto, rischiano di vederli estinti per prescrizione nel quinquennio successivo alla maturazione. Di riflesso, ovviamente, la prospettata irragionevole disparita' emerge anche rispetto alla posizione del soggetto debitore, in quanto l'esigenza di certezza dei rapporti giuridici, molto rilevante nell'attivita' d'impresa, data la necessita' per le aziende di poter prevedere i costi della componente lavorativa del ciclo produttivo, viene allo stato a trovarsi diversamente soddisfatta a seconda della norma applicabile in tema di prescrizione, senza, come precisato, che a cio' corrisponda un fattore giustificativo adeguato sul piano giuridico. Sia permesso, peraltro, evidenziare l'importanza ordinamentale del consolidamento delle istanze di certezza dei rapporti giuridici proprio nel settore aeroportuale, caratterizzato dalla frequenza dei fenomeni successori ex art. 2112 c.c., in tal senso la continuita' del vinculum iuris nel tempo, a fronte di una vicenda modificativa sul piano soggettivo del contratto, renderebbe ancor piu' significativo il dictum qui auspicato. Infine, alcun vulnus e' ipotizzabile per i lavoratori dall'eventuale dichiarazione d'incostituzionalita' della norma del codice della navigazione, atteso che, oltre quanto chiarito, trovando comunque espansione, in caso d'illegittimita', la norma generale del codice civile, oltre ai generali meccanismi sospensivi correlati al criterio comune del metus, troverebbe comunque applicazione il maggior termine prescrizionale quinquennale. Appare dunque non manifestante infondato il dubbio di legittimita' costituzionale dell'art. 937, 1° comma, cod. nav., secondo cui «I diritti derivanti dal contratto di lavoro del personale di volo si prescrivono col decorso di due anni dal giorno dello sbarco nel luogo di assunzione, successivamente alla cessazione o alla risoluzione del contratto», per contrasto con il principio di ragionevolezza sancito dell'art. 3, 1° comma, Cost.